
I segreti di un gigante: curiosità sulla vita di Manzoni
Un ritratto dall’infanzia solitaria alle rivoluzioni linguistiche
Alessandro Manzoni, figura centrale del romanticismo italiano, è noto universalmente per il suo capolavoro I Promessi Sposi (1827, rivisto nel 1840–1842), ma la sua biografia è densa di vicende sorprendenti, trasformazioni interiori e incontri fondamentali. Nato a Milano il 7 marzo 1785 e morto sempre lì il 22 maggio 1873, fu scrittore, poeta, drammaturgo e filosofo, e soprattutto un pensatore modernissimo, ancora oggi attuale per la sua visione morale e linguistica.
Oltre al celebre romanzo storico, Manzoni scrisse opere poetiche come Inni sacri, Il Cinque Maggio (1821), in onore della morte di Napoleone, e tragedie come Il Conte di Carmagnola (1820) e Adelchi (1822). Ma al di là della produzione letteraria, ciò che colpisce è la complessità della sua vita: le tensioni familiari, i cambiamenti ideologici, l’isolamento e la fedeltà a un ideale morale e religioso rigoroso. In questo articolo esploreremo i segreti di un gigante: curiosità sulla vita di Manzoni che forse non conosci, svelando l’uomo dietro l’autore.
Indice
ToggleMa davvero Manzoni è solo un mattone da studiare?
Lo capiamo: quando si sente il nome Manzoni, la prima cosa che viene in mente è “I Promessi Sposi”, cioè quel libro che vi assegnano in terza superiore e che sembra eterno. Ma Alessandro Manzoni non è solo capitoli infiniti, Renzo e Lucia e l’Azzeccagarbugli: è anche un uomo pieno di contraddizioni, scelte coraggiose, drammi personali e decisioni linguistiche che hanno fatto la storia d’Italia (sì, anche della nostra lingua!).
Dietro la figura seriosa del “padre del romanzo italiano”, c’è una vita fatta di amori, crisi esistenziali, litigi in famiglia, viaggi a Parigi e, sì, anche attacchi di panico. Scoprire Manzoni da vicino — e non solo attraverso riassunti forzati — può sorprendere. Per questo abbiamo raccolto curiosità per dimostrare che sì, anche un gigante dell’Ottocento può avere qualcosa da dire a chi nel 2025 ha TikTok e non legge più nemmeno le didascalie. (Non dimenticare che Manzoni è un grande classico dell’esame di Stato!)
Le domande che non hai mai osato fare su Manzoni (e le risposte che ti mancavano).
Chi era davvero il padre di Manzoni?
Ufficialmente Pietro Manzoni, ma in molti sospettavano che fosse Giovanni Verri, fratello di uno dei più famosi illuministi italiani. Insomma, Alessandro nacque già dentro a un bel “drama” famigliare.
Manzoni credeva davvero in Dio o si è convertito per amore?
Un po’ entrambe le cose. Si avvicinò al cattolicesimo dopo una crisi mistica improvvisa a Parigi, ma fu decisiva anche la fede della moglie Enrichetta Blondel, di origini svizzere e protestante.
È vero che odiava parlare in pubblico?
Verissimo. Soffriva di agorafobia e crisi d’ansia: anche quando fu nominato senatore, non riuscì mai a tenere un vero discorso. Aveva un’ansia sociale fortissima.
Quanto ci ha messo a scrivere I Promessi Sposi?
Ventinove anni tra prima stesura (Fermo e Lucia) e versione definitiva in “fiorentino colto”. Un perfezionista assoluto.
Cosa vuol dire “sciacquare i panni in Arno”?
È il modo in cui Manzoni spiegò la sua decisione di riscrivere il romanzo nella lingua parlata dai toscani colti, per unificare l’italiano. Andò a Firenze apposta per imparare la lingua della gente comune.
Aveva altri lavori oltre a scrivere?
No. Era abbastanza benestante da non dover lavorare per vivere. Questo gli permise di dedicarsi alla scrittura con lentezza (a volte troppa).
Quanti figli ha avuto?
Dieci. Ne perse nove. Una tragedia dietro l’altra, che lo segnò per sempre.
Cosa pensava di Napoleone?
Lo ammirava moltissimo. Scrisse Il Cinque Maggio, una delle sue poesie più famose, dopo la morte dell’imperatore. È una riflessione intensa sul potere, il destino e la redenzione.
Con quali altri scrittori era in contatto?
Conobbe Foscolo, fu amico di Claude Fauriel in Francia, e fu molto stimato da Verdi, che scrisse per lui la Messa da Requiem. Anche Garibaldi lo volle incontrare.
Ma è vero che il romanzo è pieno di malattie perché Manzoni era fissato?
In parte sì. La peste ne I Promessi Sposi è reale, documentata, ma è anche una metafora della disgregazione morale e sociale. Manzoni era ossessionato dalla verità storica, e studiò documenti dell’epoca per descriverla con precisione.
Un’infanzia inquieta e una famiglia divisa
Ma andiamo con ordine e riscopriamo tutti i passi fondamentali per comprenderlo meglio.
Tra i segreti di un gigante: curiosità sulla vita di Manzoni che forse non conosci, bisogna partire dall’infanzia. Manzoni nacque da Giulia Beccaria, figlia del celebre giurista Cesare Beccaria, uno dei padri dell’illuminismo europeo. Tuttavia, la paternità di Alessandro è sempre stata oggetto di sospetti: si vociferava che il vero padre fosse Giovanni Verri, fratello del letterato Pietro. Questa ambiguità familiare segnò profondamente l’infanzia dello scrittore.
Dopo la separazione dei genitori, visse prima con il padre a Milano, poi fu mandato in vari collegi religiosi, che egli detestava per il clima rigido e repressivo. Durante questi anni sviluppò una personalità schiva e riflessiva, ma anche un forte senso critico verso le istituzioni. Da adolescente, si rifugiava nella lettura dei filosofi illuministi e dei classici latini, diventando un autodidatta vorace.
Una curiosità poco nota è che fu un poeta precoce: a 16 anni scrisse Del trionfo della libertà, in versi alfieriani, dove già emergono la tensione civile e la ricerca di giustizia sociale che caratterizzeranno tutta la sua opera. Ma fu solo dopo il trasferimento a Parigi nel 1805 che la sua formazione prese una svolta radicale.
La Parigi napoleonica e la svolta religiosa
In Francia, dove raggiunse la madre e il suo entourage di intellettuali, Manzoni frequentò ambienti influenzati da ideologie laiche, razionaliste e anche giacobine. Fu qui che conobbe Claude Fauriel, filologo e letterato, con cui intrecciò un duraturo rapporto intellettuale. Tuttavia, fu anche il periodo in cui Alessandro incontrò Enrichetta Blondel, protestante svizzera che sposò nel 1808, e che fu decisiva per il suo ritorno al cattolicesimo.
L’episodio più misterioso della sua vita si verifica nel 1810, quando, mentre si trova a Parigi, ha una profonda crisi spirituale nella chiesa di San Rocco. Il fatto è avvolto nel mistero: pare che Manzoni si sia sentito sopraffatto da un improvviso senso del divino. Poco dopo, tornato a Milano, si convertì definitivamente al cattolicesimo, abbracciando un cristianesimo morale, austero e interiorizzato. Questa svolta influenzò profondamente il suo stile e le sue scelte tematiche: non scrisse più satire o versi politici, ma Inni sacri, che celebrano le festività cristiane con linguaggio elevato ma accessibile.
Una delle curiosità più sorprendenti è che Manzoni, nonostante la sua profonda fede, rifiutò sempre incarichi ecclesiastici e mantenne una posizione laica, convinto che l’intellettuale dovesse servire la verità e non le istituzioni.
Il lavoro maniacale e la rivoluzione linguistica
Scrivere, per Manzoni, non era un atto di ispirazione ma di rigore assoluto. La gestazione de I Promessi Sposi durò quasi vent’anni, dalla prima redazione (Fermo e Lucia) fino alla versione definitiva in “fiorentino colto” del 1840–42. Questa riscrittura fu frutto di un lavoro linguistico maniacale: Manzoni trascorse mesi a Firenze per “sciacquare i panni in Arno”, cioè per assimilare e trasporre la lingua parlata dai colti toscani (eh, si Dante docet!) nella sua opera. È uno dei primi tentativi di creare una lingua nazionale italiana prima dell’unità d’Italia.
Tra i segreti di un gigante: curiosità sulla vita di Manzoni che forse non conosci, è interessante notare che durante la revisione del romanzo, Manzoni si fece aiutare da una governante toscana per ascoltare l’italiano “vero”, parlato in casa. Questo mostra quanto credesse nella forza viva della lingua, non solo nei canoni letterari.
Era perfezionista al limite dell’ossessivo: cancellava, riscriveva interi paragrafi, e si dice che abbia modificato la punteggiatura del romanzo fino a pochi mesi prima della pubblicazione finale. Tuttavia, questa cura non era formalismo: Manzoni era convinto che la chiarezza fosse una questione morale. “La lingua non dev’essere un ornamento, ma uno strumento per dire la verità,” sosteneva.
Dolori familiari e isolamento volontario
La vita privata di Manzoni fu segnata da numerosi lutti: perse nove dei suoi dieci figli e due mogli (Enrichetta Blondel e, successivamente, Teresa Borri). Questi dolori lo spinsero a ritirarsi progressivamente dalla vita pubblica, anche se ricevette grandi onori negli ultimi anni, come la nomina a senatore del Regno d’Italia nel 1860.
Tra le curiosità meno note, c’è il suo rapporto con Verdi: il compositore lo ammirava profondamente e, alla morte di Manzoni, compose la Messa da Requiem in suo onore. Fu eseguita per la prima volta nel 1874 nella chiesa di San Marco a Milano.
Nonostante l’isolamento, Manzoni era considerato un’autorità morale indiscussa: quando Garibaldi visitò Milano nel 1862, chiese di incontrarlo personalmente. Il patriota lo definì “il più grande italiano vivente”.
In pubblico, era timido, quasi muto. Soffriva di agorafobia e di una forma acuta di ansia che lo rendeva incapace di parlare in pubblico. Persino all’Accademia della Crusca, dove fu membro attivo, raramente prendeva la parola.
Come affrontare un tema su Manzoni?
Affrontare un tema su Manzoni richiede innanzitutto di comprendere la sua visione etica della letteratura: per lui scrivere era un atto di responsabilità. La poetica manzoniana ruota attorno alla verità, alla chiarezza e alla funzione educativa della letteratura. Il romanzo deve essere utile, vero e cristianamente ispirato. Questi principi sono il cuore del suo pensiero e il punto di partenza per qualunque analisi.
Confrontarlo con altri autori aiuta a metterlo in prospettiva: rispetto a Giacomo Leopardi, suo contemporaneo, Manzoni appare meno pessimista, ma più strutturato nel suo ottimismo cristiano. Rispetto a Ugo Foscolo, è meno eroico e più realistico. Foscolo cantava l’individuo, Manzoni il popolo e la Provvidenza. Con Victor Hugo, con cui condivide il gusto per il romanzo storico, diverge per la componente religiosa: dove Hugo è laico, Manzoni è profondamente cristiano. Con Walter Scott, inventore del romanzo storico moderno, Manzoni condivide la struttura ma affina il messaggio morale. Infine, rispetto a Carlo Porta, dialettale e satirico, Manzoni è più universale e didattico.
E oggi? I suoi temi — la giustizia, l’oppressione dei deboli, la peste come metafora di crisi collettiva — sono più che mai attuali. Pensiamo alle pandemie moderne, alla corruzione, alla ricerca di un’etica pubblica: Manzoni è ancora uno specchio in cui possiamo guardarci. Un autore “necessario” in ogni tempo.
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